La Spezieria dell’Ospedale di Santa Fina di San Gimignano rappresenta un caso particolarmente felice di conservazione di suppellettili ceramiche ed arredi appartenenti ad istituzione sanitarie civiche che, dopo la soppressione delle loro antiche spezierie, ormai soppiantate dalla farmacologia chimica e dalla microbiologia, restano a preziosa testimonianza della produzione vascolare e delle pratiche mediche sviluppate in quelle particolari officine durante il Medioevo e l’Età Moderna. L’allestimento attuale riproduce l’assetto e gli aromi originali della farmacia, con la suddivisione nella “cucina”, il luogo in cui si preparavano i medicinali, e nella “bottega”, ambiente preposto alla vendita dei prodotti, includendo nel percorso  della visita anche la ricostruzione di un “orto aromatico”, allestito nel giardino del museo, dove sono state seminate numerose erbe officinali in uso nella Spezieria. I medicamenti, che si conservano ancora dentro vasi ceramici e vitrei visibili nell’esposizione, venivano preparati sulla base di indicazioni precise, raccolte in antichi ricettari, anch’essi inclusi nell’allestimento. Fra i numerosi medicamenti presenti spiccano la mandragola, l’olio di scorpione, il sangue di drago, oltre a pietre preziose quali rubini, granati, lapislazzuli e smeraldi.

All’interno dei mobili ottocenteschi si colloca il complesso delle ceramiche, che costituisce un tipico “fornimento” farmaceutico di età moderna, da assegnare a produzioni locali e montelupine. La dotazione vascolare conserva tutta la complessa articolazione morfologica che caratterizzava le suppellettili e lo stesso può dirsi per l’esauriente campionatura di forme vitree, databili tra la fine del Cinquecento e il Settecento, riferibile ad una produzione locale riconducibile a maestranze valdelsane provenienti in particolar modo dai centri di Montaione e Gambassi. A questa cospicuo complesso di ceramiche si è aggiunta la “Donazione Pacchiani”, comprendente circa cinquanta esemplari ceramici di varia provenienza, tra cui possono annoverarsi maioliche provenienti dai centri di produzione di Montelupo, Deruta, Faenza ed Iznick, le quali si collocano entro un orizzonte cronologico compreso tra la prima metà del Cinquecento ed il 1660/70 circa.