Protagonista delle avanguardie degli anni Cinquanta e Sessanta, accanto a Fontana, Jorn, Manzoni e Klein, Baj ha stretto rapporti con Max Ernst, Marcel Duchamp, E. L. T. Mesens, e altri artisti del gruppo CoBra, con il Nouveau Réalisme, il Surrealismo e la Patafisica. Fonda nel 1951, con Crippa, Dova e altri (Colombo), il movimento “Nucleare”, firmandone il manifesto. Da allora l’artista milanese adottò in pittura quella che poi divenne il suo modo espressivo preferito: il collage, lo smembramento delle forme per esprimere la deflagrazione della materia e dell’immagine. I collages policromatici, pervasi da una vena giocosa ed ironica, divennero l’espressione visiva della vena satirica di Baj: indimenticabili restano i suoi grotteschi Generali, come il tenente John Talbot, realizzati con pezzi di stoffa, passamanerie medaglie, specchi rotti, frammenti metallici, conchiglie. Dalle opere nucleari del 1951, in cui il gesto, il dripping e le macchie di colore svolgono il tema di un big bang atomico creativo e distruttivo assieme, passando attraverso Dame, Generali, mobili di stile, specchi, sculture di Ubu, ritratti dei proustiani Guermantes, maschere tribali, Baj riapre il suo ciclo apocalittico arricchendolo ultimamente di alcuni teli dedicati all’opera di Gilgames. I fili conduttori della sua ampia produzione sono due: la denuncia, dalla minaccia atomica alla violenza e aggressività umana, e l’humor, che va dal grottesco al nero. Il suo spirito polemico emerse anche nella pittura, che torna al soggetto: basti ricordare uno dei quadri piu’ controversi e discussi, come ”I funerali dell’anarchico Pinelli”. Ma Baj non è stato solo pittore e scultore. Oltre alle arti figurative (pittura, incisione, scultura, ceramica), ha scritto una quindicina di saggi, ha collaborato con riviste in un continuo sodalizio con poeti e scrittori. Decine le mostre dell’artista, esposto in Italia ed amatissimo all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. L’ultima e forse la più vasta antologica dell’artista fu allestita ad ottobre 2001 al Palazzo delle Esposizioni, dove furono esposte opere che vanno dal 1951 al 2001 e oltre 300 quadri.
A Faenza (nel 1991 e negli anni successivi), attraverso le sue frequentazioni della Bottega d’arte ceramica Gatti, realizza una serie di opere a tecnica mista (ceramiche, dipinti, collage, legni). Nel 1991, quindi, Baj tornò alla ceramica, alla quale era già stato spinto da Jorn nel 1954 in occasione degli Incontri Internazionali della ceramica di Albissola. Sull’esperienza a Faenza, di cui è traccia anche in un’opera “Le Tre Grazie” conservata al Museo Internazionale delle Ceramiche, ha scritto Luciano Caprile. L’opportunità di Faenza, che si materializzò nel 1991, venne a sintetizzare un percorso artistico trentennale che ha prodotto “dame” e “generali” quale risultato più eclatante anche dal punto di vista della fama e del mercato con tutto il corredo degli “d’après” e con l’uso sempre più accentuato del collage attraverso gli oggetti più svariati e anche meno nobili. Faenza si presentò a Baj nella veste di collaudo combinatorio da concentrarsi sui personaggi dell’Orlando Furioso idealmente assimilabili agli interpreti lignei dell’Iliade concepiti nel 1987. Se sotto il profilo dell’assemblaggio il prodotto non cambia perché ai frammenti di legno si sostituiscono quelli ceramici, è il risultato visivo a mutare radicalmente. Mentre la povertà dei materiali forniva un tocco di austerità e solennità alle figure omeriche, ora è l’eleganza a prendere il sopravvento.