Roma (RM) 1890 Roma (RM) 1949

ceramista, artista

Da piccolo, con gli avanzi della cera delle candele casalinghe, modellava pecorelle e piccoli animali, più grande marinava la scuola per andare a “imparare l’arte” presso lo studio di Duillio Gambellotti. Ne diventerà l’allievo prediletto, prima e l’aiutante ed esecutore dei suoi lavori, poi. Roberto Rosati, penultimo di cinque figli, nasce a Roma in una famiglia piccolo-borghese; suo padre vuole che diventi ragioniere, invece, già prima della guerra, nel 1912-13, lo troviamo che con Giuseppe Sprovieri si dedica ad impostare la fabbrica di ceramiche a Treia nel Lazio a Civita Castellana.
Il marchio della fabbrica è costituito da una mano che “fa le corna”. Sprovieri ha raccontato che vi si producevano piatti e vasellame di tutti i tipi, ispirati ad un gusto di semplicità e d’avanguardia; i temi cambellottiani erano presenti come è ricordato da Sprovieri stesso, ad esempio in un servizio di piatti bianchi con ramo d’ulivo sul bordo; venivano riprodotti anche, su grandi mattonelle, quadri di ranz Marc, Severini e Balla. Dopo qualche tempo Sprovieri decse di costituire uan Società per azioni che doveva riunire numerose piccole fabbriche, ma la guerra impedì la realizzazione di questo progetto.
Nel 1914 Rosati espone alla mostra degli Amatori eCcultori di Belle Arti alcune maioliche a gran fuoco, probablimente cotte a Treia. Nel 1915 la fabbrica di Sprovieri chiude. Dopo la guerra, nel 1920, Rosati espone ad una mostra nello studio di Palazzi, dove quest’ultimo aveva radunato gli artisti ceramisti più noti e promettenti.
Un piatto, datato 1920, è decorato con un cerbiatto ed un salice piangente stilizzato con lunghi rami le cui foglie sono ottenute con piccoli tocchi di pennello. Questi rami delineati da puntini di colore definiranno uno “stile Rosati” – soprattutto nei vasi della “Fiamma” – che sarà imitato da altri ceramisti minori, nel corso degli anni Venti.
Nel 1923 espone a Monza nel gruppo dei ceramisti romani con Biagini, Saltelli, Palazzi, Antonelli e la Modigliani.
Tra il 1923 ed il 1924 Ferruccio Palazzi fonda il laboratorio “La Fiamma” e chiama Rosati a dirigerlo. A Roma, in piazza San Salvatore in Lauro esisteva un centro artigiano, chiamato Bottega d’Arte Romana, famosa per i raffinati ed eleganti pezzi d’artigianato che vi si vendevano. Palazzi lo rileva e vi installa il laboratorio artistico dal quale escono bellissimi animali ed i vasi con decorazioni zoomorfe firmati spesso “La Fiamma” e monogammati RR.
Il rapporto tra Palazzi e Rosati si svolge piuttosto burrascosamente ed è segnato da conflitti economici. La figlia di Rosati oggi ricorda che il padre non riusciva mai a farsi remunerare e, data la povertà degli artisti di quei tempi, questo fatto provocava continue difficoltà familiari ed esistenziali. La collaborazione di Rosati a Palazzi per “La Fiamma” dura circa dieci anni; infatti Palazzi, in difficoltà economiche, chiude prima della metà degli anni Trenta.
Rosati intanto partecipa a vari concorsi, uno bandito nel 1924 dal Ministero della Pubblica Istruzione per una grande targa di ceramica ed uno, nel 1926, per il cartellone pubblicitario del film “Frate Francesco”. Si dedica all’allora nuova e prosperante attività del cartellonismo: collabora a giornali e riviste come illustratore di novelle, racconti e avvenimenti sportivi.
Dal 1926 insegna plastica e disegno geometrico al Museo Artistico Indusstriale di Roma (Istituto Industriale). Dal 1935 al 1937 è preside dell’Istituto d’Arte di Nove di Bassano e dal 1937 fino al 1949 – anno della sua morte – di quello di Grottaglie. Appartengono a questo periodo alcuni vasi in stile “Novecento” con colori accesi quali l’arancione, il giallo e animali molto geometrizzati.
Nel 1934 Rosati impianta un laboratorio di ceramica per il Sanatorio Ramazzini, vicino a Roma. Affresca anche, a tempera e ad encausto, alcune ville: la villa Cherubini a Silvi Marina in Abruzzo, oggi distrutta e le ville Santangeli e Armati a Roma, non identificate.
Nel corso degli anni si dedica anche alla pittura no discostandosi molto dall’insegnamento estetico-formale ricevuto da Cambellotti.
Nel 1945-46, in occasione dell’esperienza dei lavori di fine anno della Scuola di Grottaglie, in una sala a parte, allestisce una mostra dei suoi quadri ad olio, con rappresentazioni di motivi allegorici, musicali e religiosi, ottenendo un calorososuccesso di pubblico e di vendite. Nell’ultimo decennio della vita esegue grandi pannelli in mattonelle maiolicate, tra cui la leggenda di Sigfrido, che è tuttora sistemata nell’ingresso della Scuola di Grottaglie; il pavimento decorato a colombe per una chiesa ed un grande pannello ispirato ad una poesia di Carducci per la villa del comandante Ezio Visconti a Oleggio Castello, vicino a Novara.