La Strada della Ceramica in Umbria

Nel 2018 è nata ufficialmente la Strada della Ceramica in Umbria (Umbria Ceramica Way), un progetto sottoscritto dai comuni di Deruta, Gualdo Tadino, Gubbio e Orvieto per sostenere e rilanciare i distretti produttivi del settore e dei relativi comprensori ed economie.

Questo itinerario vi porta a conoscere la produzione ceramica delle quattro città umbre (tutte riconosciute dal Ministero dello Sviluppo Economico quali “città di antica e affermata tradizione ceramica” e socie dell’Associazione Italiana Città della Ceramica) e di Città di Castello attraverso alcune tappe simboliche e significative.

 

La più antica testimonianza scritta della produzione ceramica di Deruta risale al 1290, ma è fra la fine del secolo XV e la metà del XVI che essa vive il suo maggiore splendore, quando compaiono i pezzi ornamentali con motivi geometrici e antropomorfi. In questo periodo viene sviluppata con successo la produzione di ceramica a lustro, un particolare tipo di decorazione con effetti dorati, frutto di una tecnica di origine mediorientale che renderà famose le fabbriche derutesi in tutto il mondo: una sezione specifica del Museo Regionale della Ceramica di Deruta è dedicata proprio alle tecniche dei processi di lavorazione della decorazione a lustro. In questo museo potete poi seguire un percorso storico dalla ceramica medioevale derutese a quella contemporanea,  con gli inserti tematici dedicati alle specifiche produzioni di pavimenti rinascimentali e di corredi da farmacia. Recenti scavi archeologici, infine,  adiacenti al museo hanno portato alla luce alcune fornaci quattro-cinquecentesche per la cottura della ceramica, a testimonianza della fiorente attività delle cinquanta fornaci attive nel XVI secolo, oggi incluse nel percorso di visita.

 

La tecnica del lustro caratterizza anche la produzione di Gualdo Tadino, come documentato nella collezione ceramica del Museo Civico Rocca Flea, che espone manufatti risalenti al XV secolo ed un’ampia raccolta di opere a lustro oro e rubino prodotte tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, che mettono in piena evidenza la grande fioritura di questa importante manifattura artistica nella città, con particolare riguardo alle grandi personalità locali.

A Gualdo Tadino vi consigliamo anche una visita al Museo Rubboli, allestito negli antichi locali ottocenteschi dell’opificio, che ospita un’importante collezione di maioliche a lustro Rubboli che vanno dal 1878 agli anni sessanta del Novecento, oltre ad alcune opere significative di altre importanti manifatture ceramiche dello stesso periodo. Il percorso museale comprende quattro stanze – che corrispondono alle fasi produttive della manifattura – e il locale delle muffole, antichi forni risalenti al 1884 utilizzati per ottenere, mediante una terza cottura con fumo di ginestra, i lustri oro e rubino. Le muffole della Rubboli sono identiche a quelle illustrate da Cipriano Piccolpasso nel suo celebre trattato “Li tre libri dell’arte del vasaio” del 1558. Secondo lo studioso inglese Alan Caiger Smith, considerato il principale esperto della tecnica a lustro, “il forno a muffola dei Rubboli, progettato da Paolo Rubboli intorno al 1870, è una versione modificata di quello di Mastrogiorgio da Gubbio: probabilmente si tratta dell’unico esempio di questo tipo di forno per il lustro rimasto al mondo.

 

Arriviamo così a Gubbio, dove nel 1501, il già citato Mastro Giorgio Andreoli e Mastro Giacomo di Paoluccio producono una ceramica a lustro simile a quella derutese, di colore rosso rubino. I più antichi esemplari sicuramente lustrati a Gubbio che ci sono pervenuti risalgono al secondo decennio del Cinquecento, periodo in cui prende avvio la serie delle maioliche firmate da Mastro Giorgio, la cui bottega dominerà la produzione eugubina e quella del Ducato di Urbino per più di mezzo secolo. La sua produzione si qualifica particolarmente per la maiolica istoriata, tipica di forme come taglieri, tondini, bacili e coppe su cui vengono dipinte scene a carattere mitologico, religioso, allegorico e storico.

Una bella selezione di ceramiche egubine è custodita al Museo Civico Palazzo dei Consoli, risalente al XIV secolo, che costituisce con il complesso di Piazza Grande e Palazzo del Podestà una tra le più maestose realizzazioni urbanistiche medievali: le ceramiche esposte vanno dalla maiolica arcaica alla produzione del XX secolo. La collezione presenta due pezzi istoriati della bottega di Mastro Giorgio: il tondino con la Caduta di Fetonte e il tagliere con Pico Circe e Canente. Un’altra tipologia proposta nell’esposizione è quella della coppa su basso piede con decorazioni a rilievo nota come  ‘coppa abborchiata’, produzione in cui la bottega si specializza a partire dal 1530.

 

Un’altra tappa è  Orvieto, dove la tradizione ceramica è molto antica e risale all’epoca estrusca: famosissimi sono i buccheri, le ceramiche nere realizzate a partire dal VI secolo a.C., di cui potete ammirare alcuni esempi, insieme a altre ceramiche archeologiche, al Museo Archeologico. Nel medioevo la maiolica arcaica orvietana vive una stagione particolarmente di successo: il periodo di maggior splendore è tra la fine del Duecento e la metà del Trecento, con le produzioni in bruno e verde su smalto bianco, abbellite da decorazioni a retina per il fondo e da ricche forme in cui compaiono uccelli, pesci, animali, esseri umani e bestie dalle teste umane. Ancora oggi, se avete voglia di una passeggiata tra gli scavi, è possibile vedere quelli che furono i maggiori templi della produzione di Orvieto: la quattrocentesca fornace nei pressi del Pozzo della Cava  o il vicino opificio che rimase funzionate sino alla metà del Cinquecento.

 

Il nostro itinerario termina a Città di Castello, che divenne municipio romano con il nome di Tiferum Tiberium. Dopo aver subito diverse dominazioni e dopo esser stata saccheggiata e distrutta fu ricostruita e fortificata assumendo prima il nome di Castrum Felicitatis e poi, dal X secolo, quello definitivo di Castrum Castelli.

 

I più antichi manufatti ceramici rinvenuti nel territorio risalgono all’abitato protostorico di Riosecco: i materiali restituiti dallo scavo, tra cui  i resti di grandi vasi  tronco-conici di impasto con prese e cordoni a festone, possono essere datati dalla fine dell’VIII al VI sec. a. C.; sono notevoli le loro affinità con fogge vascolari adriatiche.

 

Numerosi frammenti ceramici risalenti al periodo romano sono stati rinvenuti in altri scavi archeologici effettuati in tutto il territorio tifernate, come lo scavo presso la villa romana Villa Plinio in Tuscis presso Colle Plinio che attualmente fa parte del Comune di San Giustino, ma all’epoca tutta la “Alta valle del Tevere” costituiva un unica realtà territoriale.  Lo scavo ha portato alla luce  delle ceramica a vernice nera e il materiale di scarto della fornace, che risalgono alla prima fase romana. All’epoca di Plinio il Giovane, I sec. d. C., risale un cospicuo gruppo di ceramiche tra cui delle anfore, bolli laterizi, ceramiche fini da mensa. Sempre nello stesso sito, sono state rinvenute ceramiche medievali, che attestano la frequentazione del luogo anche in epoche tardo antiche e postclassiche.

 

Fiorente, nel 1947, fu la “Fabbrica Ceramiche Baldelli” che produceva,  prevalentemente, manufatti ordinari di uso domestico. I modelli di Dante Baldelli stavano però facendo breccia sul mercato e già giungevano ingenti ordinazioni. Il laboratorio contava, dunque, di espandersi e richiese corsi per apprendisti in modo da formare personale specializzato. Già nel 1947 l’azienda occupava una quindicina di addetti e nel 1959 arrivò ad occuparne una ventina. La materia prima, l’argilla da maiolica, proveniva dalla cava di Fighille, nel vicino comune di Citerna; l’argilla bianca da terraglia, proveniva dal vicentino. Le  Ceramiche Baldelli conquistarono il mercato internazionale, basti pensare che gran parte della produzione era destinata all’esportazione in diversi paesi tra cui Svezia, Olanda, Belgio, Stati Uniti, Inghilterra, Canada e Francia.

 

Ad Oggi la tradizione ceramica continua nella produzione artigianale e industrale, ma anche attraverso l’attività di molti artisti che cercano di coniugare l’espressione ceramica con la cultura del contemporaneo, così viva e forte a Città di Castello.

 

Per organizzare la vostra visita, vi consigliamo di rivolgervi agli Uffici Informazioni Turistiche dellle varie città, che trovate in questo portale, nelle pagine dedicate alle città.

 

Fonti

Ricerche e censimenti del progetto Mater Ceramica

AiCC e Touring Club Italiano (a cura di) (2018), Le Città della Ceramica, Milano, Touring Editore

Umbria Tourism, www.umbriatourism.it

Ceramica Made in Umbria, www.ceramicamadeinumbria.it

Città di Castello, dossier AiCC