A poco più di un secolo dalla fondazione avvenuta nel 1871, tra il 1980 e il 1990, i Musei Civici di Modena furono sottoposti a un accurato restauro; fu scelto di conservare l’allestimento ottocentesco poiché, mantenendone la forma esteriore, se ne sarebbe salvaguardato anche il programma culturale. Il Museo è infatti espressione di quella cultura che, alla fine del XIX secolo, conferiva all’istituzione museale il compito di conservare memoria delle sue lontane e profonde radici e, al contempo, legittimava la vocazione “industriale” della città, fornendo ad artigiani e imprenditori gli strumenti per riavviare antiche attività. Per quanto riguarda la ceramica, le sequenze di fusaiole e anse di vasi protostorici dimostrano l’ancestrale laboriosità del territorio. La raccolta vera e propria si sviluppa invece in una sala apposita dove suppellettili e stoviglie, disposte nelle vetrine come in una grande credenza, rispecchiano una sequenza cronologica e tipologica. Le ceramiche graffite, soprattutto quattrocentesche, raccontano la qualificata produzione locale che si contestualizza nella più ampia produzione padana. Questo è anche il primo nucleo pervenuto in Museo attraverso acquisti e rinvenimenti negli scavi delle ristrutturazioni edilizie. Il gruppo di maioliche ha invece un carattere molto eterogeneo poiché, in gran parte frutto di donazioni, si lega alla città non più per l’ esecuzione in ambito locale ma per vicende di committenza e collezionismo. E’ il caso dei resti della “credenza” eseguita nel 1565 a Faenza dalla bottega di Virgilio Calamelli per il banchetto nuziale di Alfonso II d’Este con Barbara d’Austria. Oppure del servizio realizzato attorno al 1786 dai Ferniani di Faenza per il vescovo di Modena Tiburzio Cortese.
Una vicenda produttiva tutta locale emerge in pieno nelle ceramiche di Sassuolo, le cui attività hanno inizio nel 1741. Quelle prime manifatture di maioliche da tavola seguitano a sfornare manufatti che mano a mano si adeguano ai tempi; nel 1836 una delle due maggiori fabbriche viene acquistata dal conte Ferrari Moreni che si specializza nelle terraglie “all’uso d’Inghilterra”. Verso la fine del secolo la famiglia Rubbiani ne diviene proprietaria e, cambiando totalmente il registro, avvia il fortunatissimo filone delle mattonelle.