Il Museo Duca di Martina nella Villa Floridiana di Napoli, è sede dal 1931 di una delle maggiori collezioni italiane di arti decorative. Comprende oltre seimila opere di manifattura occidentale ed orientale, databili dal XII al XIX secolo, il cui nucleo più cospicuo è costituito dalle ceramiche. La raccolta, che dà il nome al Museo, è stata costituita nella seconda metà dell’Ottocento, da Placido de Sangro, duca di Martina e donata nel 1911 alla città di Napoli dai suoi eredi. Il duca, secondogenito di Riccardo e di Maria Argentina Caracciolo era nato a Napoli nel 1829 ed apparteneva ad un illustre casato strettamente legato alla corte borbonica. Dopo l’unità d’Italia si trasferì a Parigi, dove iniziò ad acquistare oggetti d’arte applicata, entrando in contatto con i maggiori collezionisti europei, come i Rothschild, e partecipando alle grandi esposizioni universali che proprio in quegli anni, tra Londra e Parigi, avevano contribuito a far nascere un forte interesse per le arti applicate all’industria. Egli comprava addirittura interi lotti di oggetti, parte dei quali venivano inviati nella sua residenza napoletana di piazza Nilo. Nel 1881 morì il suo unico figlio e quindi l’intera collezione fu ereditata nel 1891 dall’omonimo nipote, conte dei Marsi, che, tramite la moglie Maria Spinelli di Scalea, la donò nel 1911 alla città di Napoli. Il Museo si sviluppa su tre piani. Il piano terra ospita una colllezione di maioliche italiane e straniere rinascimentali e barocche; una sezione dei vetri di Murano e della Façon de Venise costituita da circa duecento pezzi, ed ancora, avori romanici e gotici, smalti di Limoges, ed altri oggetti realizzati con materiali organici. Il primo piano è interamente dedicato alle porcellane europee con particolare attenzione alle porcellane italiane Di primaria importanza nella raccolta sono le opere provenienti dalle due fabbriche napoletane. La collezione della Real Fabbrica di Capodimonte (1743-1759) voluta da Carlo di Borbone è forse la più ricca ed ampia del mondo. La Real Fabbrica di Napoli che Ferdinando di Borbone fece aprire nel 1771 e che si esaurì nel 1806 è presente in maniera consistente con opere decorate con soggetti archeologici, con le vedute e i costumi popolari del Regno, ripresi dai maggiori repertori iconografici del tempo e dalle gouaches. Notevole è anche il nucleo delle raffinate porcellane toscane dei marchesi Ginori di Doccia e il gruppo di quelle venete. Per importanza e quantità, si segnalano la produzione della fabbrica di Meissen, la cui produzione inizia nel 1710 e un prezioso nucleo di porcellane di Vienna. Oltre ad un’ampia campionatura di oggetti tedeschi e inglesi, è notevole il gruppo delle porcellane francesi, sia quelle a pasta tenera di Chantilly, Rouen, Saint Cloud, Mennency, che quelle a pasta dura di Sévres.
La straordinaria collezione di opere in tartaruga è stata arricchita dalla donazione fatta da Ezio Bruno de Felice e da Eirene Sbriziolo nel 1994. A questa sezione se ne aggiunge un’altra di recente allestimento che comprende astucci, orologi e oggetti di galanteria in metalli e pietre preziose. Infine, al piano seminterrato, è sistemata la collezione di oggetti d’arte dell’Estremo Oriente. L’oggetto più antico della sezione e di tutto il museo è “Il Tamburino”, in terracotta invetriata, di epoca Tang (618-906). La Cina è rappresentata, inoltre, dalla notevole collezione di porcellane bianche e blu, della famiglia verde e della famiglia rosa, di epoca Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), ma anche da oggetti in bronzo e in smalto cloisonné, mentre nella sezione giapponese si distinguono soprattutto le porcellane in stile Kakiemon ed Imari.