Nella storia della ceramica il nome di Mantova è certamente legato alla sicura esistenza di botteghe che producevano stoviglie graffite. Non abbiamo però dati sicuri che indichino l’inizio dell’attività di queste fornaci. Alcuni documenti ci fanno conoscere i nomi di alcuni «scudellari» e «boccalari» della prima metà del Trecento e dei primi anni del Quattrocento ma non sappiamo se questi fossero produttori o solo rivenditori di ceramiche. Solo alcuni esemplari pervenutici, per altro non sicuramente mantovani, presentano elementi ornamentali originali e forme riferibili alla prima metà del XV secolo. Di certo in questo periodo si sviluppò una produzione ceramica graffita secondo modelli che, in via generale, replicavano forme e ornati caratteristici di una produzione di area padano-settentrionale. Le caratteristiche argille della nostra pianura, rossastre e compatte, gli ossidi derivati da diversi metalli come rame, ferro e piombo, erano ideali per garantire una buona materia prima per lo sviluppo della produzione locale. Accogliamo così volentieri l’invito a mostrare una piccola selezione di reperti, che fanno parte delle collezioni o dei depositi del Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova. La nostra collezione consta infatti di parecchie migliaia di frammenti di cui 398 inventariati, 300 pezzi significativi per la tipologia decorativa caratteristica della ceramica mantovana, 117 oggetti integri o ricostruiti ad opera di restauro. Le notizie relative alla provenienza dei reperti, anche se non abbondanti e determinanti, sono sufficienti per avere una base di interpretazione. In numero non trascurabile sono poi i reperti provenienti dal sottosuolo e dai laghi che circondano la città. I vari cocci conservati nelle nostre collezioni, qui pervenuti in tempi diversi, sono però spesso privi di qualsiasi dato di scavo o di qualche altro elemento orientativo. Mancando perciò il sicuro supporto d’archivio, quello stratigrafico oppure le analisi di laboratorio, ci sono d’aiuto soprattutto l’analisi stilistica e i criteri analogico/formali. Altri nostri reperti sono arrivati tramite il deposito delle raccolte comunali, avvenuto con la convenzione dell’11 marzo del 1915 tra Stato e Comune di Mantova. Ma anche in tal caso valgono le precedenti considerazioni.
Molti dei nostri reperti documentano inequivocabilmente la produzione di ceramica graffita, espressione evidente di un preciso contesto storico-culturale non solo locale. Così il «graffito mantovano» è prova tangibile di tale contesto più vasto legato a una produzione soprattutto utilitaria. A differenza della Corte Estense, infatti, i Gonzaga non furono particolarmente interessati a uno sviluppo qualitativo della ceramica graffita. Si limitarono a tutelare la produzione locale proibendo spesso l’importazione di prodotti dalle città vicine e preferirono ricorrere, per le necessità di magnificenza della Corte, agli artisti di altre città. Maggior interesse dimostrarono per la maiolica, sempre con vero spirito di emulazione verso le altre Corti più che per un attivo interesse. Solo verso la fine del XV secolo e per alcuni decenni del secolo successivo, una certa parte del graffito mantovano mostrò nuovi accorgimenti tecnici di lavorazione e una ricerca di motivi decorativi inediti che lo distinsero dalla comune produzione padana.